Inauguriamo la rubrica “Giovanissimi” con un articolo di Pietro Lorenzo Polver Brunelli, da poco entrato nella maggiore età. Appassionato cultore di cinema e autore di cortometraggi dal tratto lieve, personale e ispirato. Di lui ancora quindicenne pubblicammo in questo articolo del 2021 il corto “Carpe Diem”. A lui, a quelli della sua generazione e delle prossime spetterà il compito di raccontare il mondo che ci attende, utilizzando le tecnologie e i mezzi espressivi che il futuro ci riserverà. Il loro punto di vista, la loro indipendenza di giudizio, la loro capacità narrativa e concettuale sono il patrimonio più prezioso nell’epoca dell’omologazione livellatrice che stiamo attraversando. Ascoltare la loro giovane voce è per noi fondamentale.
Di Pietro Lorenzo Polver Brunelli
Forse il momento è giunto: dovremmo tutti andare a comperare un mazzo di freschi fiori profumati, scrivere una commovente lettera di condoglianze e far incidere una lapide, magari a Parigi, però scritta in inglese – così da essere comprensibile a più persone possibile – che reciti:
“In loving and eternal memory of the Seventh Art, 1895-2024“
Essendo io un appassionato di questo inutile ma affascinante passatempo, sin da quando ero piccolo ho amato entrare in una di quelle sale buie piene di comode poltroncine trasudanti di odore di popcorn ed assistere alla magia che vi avveniva: le luci si spegnevano, da dietro le mie spalle si apriva un fascio di luce colorata che attraversava tutta la sala e si schiantava s’una parete bianca.
Ecco che prima alcune forme, poi immagini iniziavano a muoversi, a danzare a ritmo di musica, a raccontare storie, a far commuovere, a far ridere fino ad avere le guance doloranti, a far entrare in un mondo fittizio ma che per due ore diveniva la sola ed unica realtà. Credo che quest’ultimo aspetto rappresenti la “magia” del Cinema, il fattore che come una droga leggera prende possesso della nostra mente e la rapisce, le fa vivere un’esperienza altra, seducente perché spesso più bella ed intrigante delle nostre comuni vite. Ci sentiamo qualcun altro in un universo parallelo e viviamo la sua storia, la sua ascesa e il suo ineluttabile declino.
Questo che ho appena descritto avviene con i film di qualità alta, cioè coinvolgenti, con un’ottima sceneggiatura e una colonna sonora raffinata. Ma da un po’ di tempo, quando vado a vedere un nuovo film, raramente ritrovo queste caratteristiche.
Premetto che non ho alcun tipo di qualifica di critico cinematografico e parlo solamente in qualità di persona sensibile, non nel senso che ho la lacrima facile ma intendo che, come se avessi delle corde all’interno di una cassa armonica, nel momento in cui immagini e suoni “pizzichino” le corde giuste, risuono in assonanza con loro. Ma ritornando a quello che stavo introducendo, ultimamente trovo la maggior parte di film che vedo vuoti, senz’anima. Le due tematiche diventate ormai egemoni sono la Violenza e il Sesso, inteso sempre con accezione violenta e non passionale.
Vi faccio qualche esempio recente: Challengers, di Luca Guadagnino. Io non mi spiego come lo stesso autore di Call me by your name – pellicola di una delicatezza a dir poco assoluta con cui tratta le sue tematiche – possa concepire pochi anni dopo un film assolutamente inutile, che esiste solamente perché tenta di seguire la cresta dell’onda del tennis, sport riscoperto dal “popolo” sostanzialmente negli ultimi due anni grazie a Sinner.
La trama è inesistente, anzi c’è, ma fa venir la pelle d’oca. Immancabile, come dicevo, il sesso dilagante per tutta la durata della vicenda con i due protagonisti maschi che, oltre alla competizione sportiva, si “alternano” la ragazza, interpretata da Zendaya, la quale, tra l’altro, viene sempre inquadrata come fosse su una copertina di Vogue: abito, trucco, luci, tutto perfetto e per questo finto.
Immedesimarsi o anche solo entrare in empatia con i personaggi risulta, almeno per me, impossibile. Alcune stesse scelte registiche di Guadagnino le ho trovate discutibili, come il fatto di inserire per ogni scena sul campo da tennis musica tecno/house, cosa che risulta ridicola. Il film è fine a sé stesso e vi invito a guardarlo per rendervi conto di quanto cerco di spiegare a parole.
Un esempio ancor più lampante, sempre di quest’anno, è Kinds of Kindness, di Yorgos Lanthimos. È stata la prima volta della mia vita in cui volevo uscire dalla sala. Non perché fossi annoiato, scandalizzato o cose simili, ma perché stavo guardando il nulla. Il film è diviso in tre storie separate, tutte interpretate dagli stessi attori. Sono storie che non hanno né capo né coda, prive di sentimento, folli, senza senso, violente.
Il regista, che io credo abbia un problema con il tema del sesso (se avete visto Poor Things capite cosa intendo), crea questi scenari surreali, incestuosi, che mi hanno disgustato per la disarmante bassezza e l’assenza di qualsiasi volontà di veicolare un messaggio più profondo. Ho cercato in rete delle recensioni per capire se il mio fosse un parere isolato e in quasi tutti gli articoli che ho letto Kinds of Kindness è stato demolito da critici e giornalisti. Comunque, nonostante il senso di repulsione, non sono uscito dalla sala e l’ho guardato fino in fondo, volevo vedere le facce delle altre persone nel pubblico: erano come la mia.
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”
RUTGER HAUER, BLADE RUNNER
Fino a che punto un artista, in questo caso regista, può spingersi oltre la linea, autocelebrando il proprio nonsense intellettuale per una forma malata di piacere? Pasolini, in una delle sue ultime interviste prima di essere assassinato, disse che quello di essere scandalizzato è un piacere per il pubblico e un diritto per l’artista. E questo lo condivido, però se ciò ha un secondo fine, se rende lo spettatore più consapevole, non può diventare il leitmotiv dell’intera opera: in tal caso essa diventerà solo nauseante e fastidiosa. A meno che il tuo nome non sia Stanley Kubrick.
Arrivati a questo punto, la conseguenza naturale sembrerebbe quella che proponevo nelle prime righe. Il Cinema è forse morto e non ce ne siamo accorti? Una risposta esaustiva meriterebbe un trattato a sé, ma quella più immediata e sintetica è NO, certo che no. Ma come! dopo due pagine che schifano il Cinema contemporaneo come si può sostenere che esso sia ancora vegeto, ancora capace di sorprendere, di conquistarti con il solo sguardo? La mia visione sino a questo punto era, ovviamente e volutamente, parziale.
Questo discorso, inoltre, è perfettamente sovrapponibile alla questione se esista ancora l’Arte, o meglio se l’arte contemporanea sia ancora Arte. Certo! Dipende se uno vuole vedere solo la parte brutta, la parte di qualità palesemente mediocre, la parte fine a sé stessa, o se invece vuole togliere il paraocchi delle mode, degli “influenzatori”, delle riviste e della massa per cercare una risposta in prima persona. Ebbene costui scoprirà, forse con sua sorpresa, che l’Arte, così come il Cinema, esiste, solamente non è alla luce del sole come poteva esserlo nel Cinquecento.
Recentemente sono stato alla Biennale di Venezia. Io stesso ci sono andato avendo in testa quella domanda ed ero abbastanza scettico su cosa avrei trovato. Ho dovuto ricredermi. Per dirla terra-terra, gente che sa dipingere ce n’è ancora, molti giovani tra l’altro (mi riferisco soprattutto, per quanto riguarda il Padiglione centrale, a Louis Fratino e, nell’Arsenale, al Padiglione Albania). Ma non serve andare lontano, cercando di esempi se ne trovano.
Così pure per il Cinema. Il Ragazzo e l’Airone, del grande Miyazaki, propriamente è un cartone animato, ma non è assolutamente un film per bambini, tutt’altro. È un viaggio nell’aldilà e quindi nella vita, attraverso l’onirica e – per noi occidentali – spiazzante visione giapponese.
In questo film ho trovato quello che tentavo di spiegare prima: ogni singola immagine è bella, poetica, un po’ fiabesca ed evoca qualcos’altro. Il senso stesso de Il ragazzo e l’airone non risulta immediato, ma guardarlo una seconda volta per cercare di carpirlo è un piacere per l’anima.
Insomma, con tutte queste parole intendo che la qualità, il sensibile, l’emozionante esistono, ci sono. Cercateli se siete scettici, senza pregiudizi, e quando li troverete, se sarete predisposti e ben disposti, risuonerete con essi.
Pietro Lorenzo Polver Brunelli – 31 Luglio MMXXIV
P.S. mi sento di suggerire la lettura ascoltando il V movimento della Auferstehung di Mahler.
1 comment
Grazue Pietro, di averci ricordato che siamo esseri pensanti e come la bellezza sia essenziale nelle nostre vite. Cerchiamola.
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