Con il vivido ricordo della visita alla mostra ancora negli occhi, siamo andati a trovare lo scultore Giuseppe Bergomi nel suo splendido studio immerso nel verde collinare della Franciacorta, dove ci ha accolto con grandissima cordialità insieme alla moglie Alma, anch’essa artista, musa ricorrente ed insostituibile cardine di quel mondo di presenze familiari da cui l’artista trae molta della sua ispirazione.
C’era molto di cui dire: la sua città di nascita gli aveva appena tributato una grande retrospettiva, esponendo al pubblico in due sedi, Santa Giulia e il Grande Miglio un corpus significativo di opere, ricca e varia testimonianza di quarant’anni di ricerca artistica coerente e sincera.
Con grande successo e rispondenza diretta di pubblico, che avendo potuto immergersi emotivamente nel mondo espressivo dello scultore e dialogare direttamente con l’artista, in più occasioni presente in mostra, gli ha manifestato personalmente la propria vicinanza ed affetto.
Come ci racconta lui stesso nella bella chiacchierata informale che abbiamo filmato, che spazia a tutto tondo da questo ultimo evento espositivo alla genesi della sua poetica, fino a considerazioni più generali sull’arte, sulla percezione, sulla società.
E da cui emerge un artista ed un uomo che padroneggia compiutamente l’ambito della sua poetica, che indaga i temi più disparati in cui la figura umana viene declinata, risolve con il proprio tratto e lucida visione committenze impegnative e poeticamente rischiose, traendo comunque la linfa vitale della propria ispirazione da quella sfera intima in cui l’essere umano si pone in relazione con altri suoi simili, o con elementi del suo paesaggio giornaliero che divengono, depurati del loro lato aneddotico, architetture astratte, funzionali a far emergere ed amplificare il senso di ciò che il soggetto esprime.
“Vorrei ricordare alla gente che il bello può splendere nel quotidiano”
ROBERT DOISNEAU
A ben vedere infatti tutto ciò che accade ogni giorno ad ognuno di noi, nei luoghi dove conduciamo la nostra vita e con la cerchia dei nostri conoscenti e affetti, possiede se osservata dalla giusta distanza quella simbologia intrinseca in grado di trasfigurare ogni attimo che, al contrario considerato solo utilitaristicamente appare comune e trascurabile.
E quando, senza scomodare eroi, miti e pensatori, si ha la capacità di cogliere anche negli eventi più piccoli dell’esistenza una riverberazione universale della condizione umana che tutti condividiamo, tale da giustificarne la cristallizzazione in uno ieratico manufatto artistico tridimensionale, allora nessun tema è precluso, ed il risultato avrà comunque una connotazione metafisica, ancorché mai urlata, ma da cogliersi poco alla volta, in silenzio.
In questo mondo Alma Tancredi, compagna di vita dell’artista, come dicevamo è una presenza centrale da sempre, sia come musa, protagonista di opere emblematiche dalla forte carica iconica, nelle quali lo sguardo indipendente magnetizza l’attenzione dell’osservatore, sia come silenziosa sovrintendente, figura di riferimento attorno alla quale si dipana il flusso delle dinamiche familiari intergenerazionali, nel cui ruolo la mano dell’artista, mentre plasma forme di argilla a dimensione reale, con l’opera inedita “Colazione a letto” sapientemente onora.
Un’opera unica – fulcro ideale della mostra nella sede al Grande Miglio – che porta la scultura in terracotta ad una scala monumentale, del tutto inedita in particolare per una scelta tematica del genere, come l’autore stesso sottolinea nel commento rilasciato ai presenti lo scorso 1 dicembre 2024, che abbiamo avuto opportunità di registrare e qui riproponiamo.