di Sator
È principio noto che il diritto di critica esternato in ambito artistico sia stato sempre riservato e confinato all’interno di una elites dottrinaria e accademica che spesso, soprattutto in presenza di regimi o sistemi consolidati di potere, inevitabilmente ha subito interferenze esterne di natura politico-sociale e che oggi vede erosa la propria competenza ed indipendenxa a causa di un’invadente ed organizzato strapotere economico.
Il sistema economico finanziario ha contaminato il mondo dell’Arte e, dopo la seconda guerra mondiale, è diventato sempre più pervasivo, in particolar modo nell’ultimo ventennio.
La contaminazione di natura economica e commerciale ordita da un sistema lobbistico, si estende in tutte le sfaccettature del mondo artistico che considera ormai l’Arte Contemporanea un vero e proprio mercato finanziario.
Questo mercato è imposto spesso senza regole di controllo (vedi riciclaggio) ed è altresì manipolato ed esaltato anche da parte di coloro i quali dovrebbero, invece, essere tutori del concetto di bellezza e di valore artistico.
Chi detta le regole del sistema
La presenza di influencer, galleristi, curatori, collezionisti interessati, riviste anche specializzate e case di moda non sempre all’altezza della situazione ha minato definitivamente il ruolo di prestigio dei critici d’arte che spesso sembrano assuefarsi a mode del tempo o appiattirsi a sistemi consolidati di mercimonio dell’Arte.
Oggi tuttavia ci si chiede, a fronte di questo inevitabile declino della critica artistica, che ruolo può avere la popolazione o la società libera (se mai ve ne fosse) nel valutare il valore artistico di un opera d’Arte?
In passato il popolo, considerato una massa informe ed ignorante, ha manifestato il suo consenso o dissenso ad opere d’Arte solo in occasione di eventi politici, giungendo in antichità a distruggere o demolire opere, devastando con la furia cieca e distruttiva che solo la popolazione in rivolta sa esprimere. Si pensi al rogo fiorentino incitato dai frati domenicani a Firenze capeggiati dal Savonarola, o più recentemente alle distruzioni di monumenti equestri o statue colossali a seguito delle varie rivoluzioni.
Emerge quindi dalla storia quella forza distruttiva ed ignorante della popolazione, incapace di valutare professionalmente valori sublimi come l’Arte e la Bellezza. E la cui furia sembra riemergere ciclicamente anche ai nostri giorni, attraverso atti vandalici più o meno diffusi.
Spesso le popolazioni hanno dato valore ad opere d’arte per motivi religiosi o devozionali, oppure hanno iconizzato opere che artisticamente nonpresentavano motivi di pregio ma catalizzavano un fenomeno collettivo di identificazione del gusto popolare.
Oggi, però, assistiamo ad un ruolo sempre più attivo della società attraverso i mass media, il sistema dei social media e della diffusione di identità collettive più sensibili ai temi sociali.
Non si può più parlare genericamente di popolo ma più appropriatamente di ambiti sociali o gruppi di interesse, nei quali si identificano valori sociali e collettivi e che esprimono ideologie o adesione a movimenti culturali più o meno attivi.
Ad essi continua tuttavia a contrapporsi in forma snobistica l’arte contemporanea sostenuta da lobbies commerciali e da critici asserviti al sistema economico, così lontana dalla visione sociale ed incomprensibile alle masse per le astruse ideologie decostruttive, spesso incompatibili con il comune pensare.
Dimensione pubblica e privata
Con l’avvento dei social e l’istruzione globalizzata – sia pur generica e basilare delle masse – anche il popolo del web ed in generale le comunità sociali hanno cominciato ad esprimere pensieri comuni di adesione o rigetto verso movimenti artistici o addirittura ribellione di massa verso opere d’arte proposte come tali da classi politiche non sempre attente a calibrare l’uso dell’arte in ambito collettivo.
Occorre infatti distinguere l’opera d’Arte destinata alla pubblica fruizione
o proposta in relazione a messaggi valoriali di ambito sociale politico e religioso, rispetto a quella destinata al collezionismo ed alla fruizione privata.
E tale distinzione è da notare anche per il ruolo dei social, che assume diverso atteggiamento riguardo a ciascuno dei due ambiti, pubblico e privato.
In particolare il popolo è spesso avulso dalle dinamiche finanziarie, commerciali e di critica delle opere destinate al mercato e al collezionismo. Di fatto è esautorato da ogni forma di valutazione, costretto com’è in un ruolo passivo dalla pervasività dei media che decidono la narrazione, tanto da essere pesantemente manipolato da mode, create ad hoc dal sistema per autofinanziarsi.
La tendenza generale è quindi che la popolazione sia molto condizionata dal potere divulgativo, manovrato da sistemi organizzati che si muovono per meri interessi affaristici, tipici di un mercato finanziario e a favore esclusivo di collezionisti investitori.
L’accesso a strumenti per affinare il proprio senso critico ed acquisire una propria autonomia è scoraggiato, e l’iniziativa in tal senso rimane affidata alla volontà dei singoli individui.
“Vox Populi, Vox Dei”
ANONIMO
Ma, allo stesso tempo, oggi assistiamo ad un ruolo sempre più attivo e partecipato del popolo tramite associazioni, fondazioni e gruppi dediti ad iniziative culturali a tutela di interessi diffusi e di intere cittadinanze soprattutto quando si parla di uso del bene culturale.
Ecco che in questo caso possiamo parlare di un vero ruolo di critica sociale, anche
consapevole, di natura collettiva. In tale quadro culturale si possono individuare gli elementi posti alla base della critica sociale.
Un’opera d’arte destinata alla fruizione pubblica in primis deve avere un valore identitario per una collettività, inoltre deve trovare fondamento nell’humus sociale e storico di un dato luogo (genius loci) o connesso a valori sociali, nazionali o simbolici.
Può anche identificarsi in miti moderni, che non hanno valore assoluto e collettivo ma rappresentano figure che si siano distinte nel sociale o in occasione di eventi collettivi (sport, cinema, accadimenti particolari) ma in nessun caso devono essere
espressione di una interpretazione soggettiva di idee inespresse, che presentino una distonia fra forma, contenuto e messaggio.
Pubblica Decenza e Leggibilità
O che contrastino con il senso di decoro e decenza dell’ambito sociale, oppure che addirittura abbiano contenuti dissacratori o provocatori.
Da qui discende l’incompatibilità della critica popolare rispetto ad opere riconducibili nell’alveo dell’Arte Povera o alle decostruzioni radical-chic dal significato spesso fittizio e larvato.
La collettività pretende che un’opera d’arte sia leggibile o comprensibile sulla scorta di una precomprensione costrutita sul concetto di storia dell’arte dal medioevo all’impressionismo e su alcune avanguardie rese celebri da personaggi che ne hanno fatto parte come il cubismo, il surrealismo, l’espressionismo.
Nel momento in cui questa stratificazione della memoria collettiva è messa
in discussione, l’arte contemporanea si allontana dal comune senso di valutazione degli stessi utenti e fruitori dell’arte.
In questo scenario prendono corpo azioni spesso violente e clamorose affiancate da una fase di preventiva e feroce critica spesso incentivata dai social, che si sono concretate anche in atti di protesta popolare e nei casi più gravi in atti vandalici.
E questo è stato il caso della Venere degli stracci di Napoli, opera tanto esaltata dalla critica ufficiale quanto funestata da incendi, sit in popolari e annunciata rimozione dallo stesso Comune perchè non gradita alla popolazione che ha ritenuto persino offensiva la presenza dell’opera esposta nella pubblica piazza.
Il messaggio teoricamente riferibile all’opera concettuale era ed è percepito
dalla collettività in senso negativo e si presta ad una interpretazione non univoca dell’opera, tanto da suscitare critiche feroci proprio da parte della gente, che non ha ritenuto tale monumento come identitario del popolo napoletano, come lo è stato il murales di Maradona nei quartieri spagnoli che identificava, invece, un mito moderno connesso alle dinamiche popolari.
La cosa si è poi ripetuta in altra opera del Pistoletto (Il Terzo Paradiso) che
ha subìto anche in questo caso non solo la gogna mediatica ma anche in
questo caso il danneggiamento seguito da incendio a Terranova del Sannio.
Emblematici sono poi i casi di opere contemporanee ritenute offensive del
comune senso religioso.
È questo il caso di Carpi (mostra GRATIA PLENA) dove le opere esposte
in una Chiesa della città sono state ritenute blasfeme, oscene ed offensive
del senso religioso dei fedeli che non solo hanno organizzato sit in di
protesta ma hanno fatto ricorso persino alla magistratura per inibire
l’esposizione con conseguente dibattito con la Curia e i circoli culturali, oltre
alla chiusura anticipata dell’evento con l’accoltellamento dell’artista.
In tal senso si segnala la distruzione della Madonna gravida nel duomo di
Linz in Austria, la rimozione delle opere discusse di Cattelan in piazza 24
maggio a Milano e Damien Hirst a Long Island, la rimozione del manifesto
trash dell’international art LGBT organizzata a Torino e da ultimo addirittura la condanna prima social poi recepita dal Vaticano stesso nel caso dell’Ultima cena leonardesca rappresentata in forma pop-trasgender nel corso della kermesse inaugurale delle Olimpiadi di Parigi.
Autorità Morale del pubblico
E da qui sorge spontaneo chiedersi: può il popolo ribellarsi a forme d’arte imposte dal sistema mediatico o politico, ritenendole inadeguate a rappresentare ambiti culturali di valore sociale e ritenuti ormai troppo elitari e distanti dalla comprensione del cittadino comune, come avviene spesso nel caso dell’arte informale e concettuale o basata sul gesto provocatorio?
Questi segnali di insofferenza diffusa da parte della collettività devono far
riflettere anche la classe privilegiata dei critici che nel nostro sistema non è
regolamentata, come avviene per altre categorie scientifiche e professionali.
E la risposta non può che essere positiva, quando l’Arte si accinge ad oltrepassare la cristallizzazione museale per divenare un valore collettivo sul quale il consenso popolare è dominus.
Il limite tuttavia di questa liberalizzazione della critica sta nella capacità delle masse di autodeterminarsi coscientemente sui valori di Bellezza e di Arte, in assenza di un percorso di educazione ai valori culturali di una comunità e di una Nazione, per evitare a sua volta ulteriori manipolazioni di chi ha interesse a creare dissenso massificato.
Ed in questo processo evolutivo, intrapreso nel mondo social, appare necessario mettere in condizione la collettività di poter effettivamente discernere e conoscere tutte le possibilità che l’Arte oggi può offrire attraverso una sinergia fra mondo istituzionale, scolastico e accademico, a prescindere dalle dinamiche commerciali.
Alla luce di queste considerazioni possiamo concludere: una collettività cosciente e animata da oggettivo senso critico non potrà mai comprendere l’Arte Contemporanea se essa è solo decostruzione o rottura dei modelli identificativi dell’essenza stessa dell’Arte e della sua memoria.
E tuttavia è fondamentale che le persone anche non esperte del settore siano
messe nella condizione di discernere l’effettivo valore artistico di un’opera formando il senso critico attraverso una conoscenza libera e non manipolata.
Perché la manipolazione culturale è IL problema della società attuale, che potrebbe infatti fabbricare il proprio gusto artistico nell’ambito di fenomeni di massa opportunamente veicolati da mass media asserviti al sistema economico.
Se non si formerà un gruppo di critici e mecenati illuminati da vero senso artistico, che in maniera indipendente, senza condizionamenti, riprendano il ruolo didattico ed educativo della collettività desiderosa oggi di esprimere la propria adesione alle forme artistiche, oltre che a segnare il percorso delle tecnologie digitali su cui si sta performando il gusto artistico, in breve tempo assisteremo alla morte dell’Arte stessa, depauperata dal suo peculiare ed umano valore espressivo, confinata in ambiti commerciali e giunta al capolinea nel definitivo ed inesorabile distacco dal comune pensiero dell’umanità.
Sator