di Sator
In occasione del prossimo G7 che si terrà in terra di Puglia nel prossimo Giugno, Papa Francesco si recherà presso i governanti riuniti in “conclave” per chiedere loro quale percorso etico dovrà intraprendersi per questa tecnologia che, come ormai è noto, sarà destinata a rivoluzionare l’intero cammino evolutivo dell’umanità, essendo un potente amplificatore di conoscenza capace di influenzare le dinamiche sociali e la vita delle generazioni future.
Nel nostro ambito anche noi ci chiediamo che impatto potrà avere l’uso della tecnologia dell’Intelligenza artificiale (A.I.) nel futuro dell’Arte, considerando che ad oggi essa costituisce un elemento di interesse ma allo stato sperimentale in assenza di dati certi sulle immense potenzialità ed i rischi ad essa connessi.
L’A.I è un fattore generativo ad oggi senza consapevolezza del sé, che attinge dall’universo delle immagini visive archiviate nell’immenso sistema digitale ed informatico.
Si potrebbe assimilare ad una forma evoluta di inconscio collettivo creato dalle manifestazioni espressive e dal linguaggio dell’umanità stratificato nel tempo e riunito in una sorta di memoria universale.
Ha la possibilità di processare velocemente mediante diversi input e livelli di interazione miliardi di immagini e di linguaggi artistici creando una sorta di realtà immaginaria quasi onirica ed in questo è molto simile ad una delle sfaccettature più interessanti dell’arte umana, che è quella di creare mondi immaginari e divergenti dalla realtà sia in termini estetici che contenutistici.
Ma questo potere così pervasivo di scandagliare immagini e di selezione consente all’AI di trasformare ed elaborare solo ciò che è presente nell’immenso archivio del visivo trovando il suo limite nella sua stessa natura di elaborare elementi preesistenti di cui può esclusivamente disporre. E se è vero che nell’Arte spesso non si inventa niente, ma si attinge anche da modelli già percorsi, è altresí vero che oltre il visivo collettivo già prodotto e presente essa non può andare.
L’AI potrà rielaborare schemi, modelli, percorsi precostituiti ma, non avendo la coscienza del sé, agirà sempre su input esterno e, quando un giorno raggiungerà la sua autonomia, opererà sempre e solo come risultato di questo schema di continua rielaborazione di dati preesistenti a loro volta rieleborati e ripresentati in forma nuova.
Se è questo è il limite, allora è in tale contesto che va ricercato il vulnus di questa meraviglia tecnologica, consistente nell’assenza di un fattore tipicamente connesso alla natura umana e cioè la capacità di pensare e connettersi alla dimensione trascendente/spirituale. E quindi a quella peculiare visione che nasce dalle emozioni umane, dall’entropia, dal desiderio di amare, dall’empatia e dalla ricerca di quel valore superiore che ispira l’essere umano e che va oltre la sua dimensione.
Questa caratteristica tipicamente umana è un fattore emozionale che nel corso di un percorso esperienziale e vitale, produce l’originale e quindi ciò che non è stato mai creato prima.
Non si tratta di esprimere un concetto religioso, ma di valorizzare una peculiarità dell’essere umano che comunque nessuna tecnologia, in quanto solo creazione meramente umana, potrà mai possedere. In buona sostanza questa tecnologia non potrà mai creare da sola figure innovative come un Picasso un Kandinski o un Fontana valutando le loro opere alla stregua di un errore.
Teoricamente l’AI potrà creare artificiali visioni dell’inconscio e dello spirito ma il prodotto sarà un fittizio surrogato ricostruito sulla base di dati immagazzinati nel processo formativo dell’opera digitale.
In questi termini allora si può individuare il percorso etico nell’uso dell’intelligenza artificiale, che mai potrà sostituire l’uomo nella sua espressione artistica.
L’arte è spesso irrazionalità, follia, elaborazione soggettiva, esperienza di vita, soggettiva visione dell’inconscio, emozione esperienziale. Tutti elementi che si originano dall’essere umano, unico fattore che può creare l’originale e che, invece, potrebbero essere esclusi dalla razionalità dei sistemi informatici che eliminano il concetto di distonia.
Sono riflessioni queste che ci portano a delimitare il campo di intervento dell’AI, riconducendo questa tecnologia ad un valore strumentale del percorso evolutivo dell’arte e valorizzandola invece come proiezione dell’essere umano unico creatore del prodotto artistico.
Certo non può negarsi che l’AI sia un fattore di amplificazione della potenzialità artistica e non a caso si parla di realtà aumentata; Considerabile di certo un valore aggiunto, ma da ricondursi comunque nell’alveo della reale produzione umana.
Solo in questi termini l’Arte può continuare ad avere un futuro strutturato
su un immaginario alternativo ed originale in quanto connesso al fattore
creativo dell’essere.
“L’intelligenza artificiale generativa ci sta insegnando che il modo in cui si parla è in realtà il codice stesso”
Lisa Huang
Se così non fosse – ossia se fosse legata solo all’universo visivo del presente e del passato – l’Arte sarebbe solo una mera rielaborazione sintetica di questo complesso di memorie dell’archivio digitale senza un’alternativa futuribile. Nell’assenza del valore metafisico solo il presente si eternalizza e la spinta creativa non avrà futuro sostituita da una visione artistica artificiosa e fittiziamente originale.
Infine altra criticità dell’AI è costituita dalla sua immaterialità.
Il declino del mercato degli NFTS e dei processi speculativi hanno svalutato
il valore dell’Arte alla stregua di un mero prodotto finanziario destinato al
mercato delle piattaforme che adoperano la tecnologia blockchain e alle
monete digitali.
È evidente che, in assenza di regolamentazione della materia, occorrerà ancorare il valore infungibile dell’opera alla sua reale esistenza e quindi alla creazione originaria del suo autore. Alla luce di tali considerazioni si può tentare di tratteggiare il percorso etico dell’AI al fine di individuare cosa si intende per opera d’arte generata da questo potente strumento tecnologico, differenziando le altre creazioni digitali da intendersi come mere produzioni destinate al consumo o al mercato.
L’AI va, in primis, intesa come proiezione dinamica del suo autore e quindi strumento per aumentare ed amplificare le potenzialità del proprio stilema artistico con tecniche innovative ed uso di effetti impossibili da realizzare con i mezzi tradizionali.
Andranno poi esclusi dal campo artistico una serie di prodotti generati dall’AI attinti dalla memoria digitale e caratterizzati da modelli pittorici e stilemi già esistenti spesso rielaborati e conformati dal realismo figurativo di genere e tratti dall’immaginario fantasy o comics; di certo immuni dal percorso introspettivo moderno e contemporaneo;
Appare Inoltre doveroso escludere dal campo artistico opere seriali che si ispirano a modelli ormai acquisiti e ripetuti nel linguaggio artistico collettivo nonchè riproduzioni che si conformano alla maniera di artisti che si sono distinti nell’ambito della storia dell’Arte.
Va infine regolamentata una rigorosa tutela del copyright e delle immagini degli artisti non utilizzabili nella rielaborazione di opere digitali, come altresì dovrà essere regolamentato il campo della creazione degli NFTS connessi alle monete digitali.
Una volta individuato il concetto dell’opera d’arte digitale come alter ego dell’opera reale e dello stilema del suo autore allora essa potrà emergere e valorizzarsi fluttuando nei mondi onirici del Metaverso e della realtà aumentata diffondendo alla generazioni future e nell’immaginario collettivo ciò che l’umanità ha potuto esprimere come soggetto originario.
Entrare nelle dinamiche digitali significa maturare un processo culturale e tecnico che legge la contemporaneità e la reinterpreta con un risultato che assurga ad espressione della propria sensibilità e del percorso introspettivo unico e personale.
E concludo con le parole del Beato Carlo Acutis, prossimo a divenire santo
protettore del mondo informatico “Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie (oggi diremmo riproduzioni digitali) ma se DIO (o la ricerca di esso) possiede il nostro cuore noi possederemmo l’Infinito” (anche se utilizzassimo l’intelligenza artificiale, che altro non è che una produzione umana influenzata dall’agere umano).
di Sator