Di Sator
Mi chiedo in primo luogo se oggi ha ancora senso parlare di Arti, o se forse sia più appropriato definire i fenomeni a cui assistiamo linguaggi, orientati invariabilmente verso la provocazione, verso l’insensato, il paradossale, l’originale a tutti i costi.
Mi chiedo poi perchè quello che era la base del concetto dell’Arte, ossia l’equilibrio fra forma e sostanza nella ricerca del sublime, dell’evocazione, dell’emozione della bellezza intesa come perfezione, sia stato sostituito dalla distonia, dall’incongruità basata su fittizi quanto roboanti messaggi, dall’osceno banale e dall’orrifico ai limiti della tollerabilità, nel trionfo della bruttezza e nell’apoteosi della schifezza (adoperando una celebre fase di origine fantozziana).
Mi chiedo, infine, perchè l’uomo sia stato allontanato dalla sua parte spirituale e animica e dalla sua millenaria ricerca del trascendente per precipitarlo nel trash, nella decomposizione della forma umana, nella putredine della decadenza.
Ebbene, per dare una risposta dobbiamo premettere alcuni concetti.
Oggi tre sono i temi di fondo in cui si identifica l’Arte:
- Il vuoto inteso come esaltazione di un oggetto o una forma senza alcun contenuto. Il trionfo del nulla.
- la tematica della morte intesa come decomposizione delle forme, la tassidermia, la disumanizzazione della rappresentazione. Il trionfo della morte.
- l’esaltazione della bruttezza intesa come provocazione, come alternativa al bello fisico e spirituale, configurato ormai come concetto superato e antiquato, assurto a canone della modernità intesa solo come mera originalità. La morte del canone della bellezza.
Tre veri e propri precetti dell’arte contemporanea che – prescindendo ormai dal fattore creativo in una visione aliena agli iter cognitivi dell’essere umano – ha come finalità ormai esplicitata quella di provocare la morte dello spirito e del rapporto della dimensione umana con la visione metafisica e antropocentrica dell’essere.
È un’arte dematerializzata, che provoca un senso di disagio profondo, contaminando la nostra parte inconscia con la manipolazione delle coscienze attivata da entità occulte che governano, tramite la finanza ed i sistemi economici, anche il resto.
Così fagocitata da meccanismi economico-finanziari, l’Arte ha perso il suo valore intrinseco, per divenire oggetto di mercimonio e di speculazione, con la conseguenza che all’opera viene riconosciuto valore solo se è economicamente rilevante.
Ed ecco quindi che un cagnolino di Jeff Koons (iconizzato e riprodotto fino alla noia) può valere di più di un riconosciuto capolavoro di alta epoca, ribaltando la scala di valore condivisa per secoli.
Ovverossia l’inconsistenza – valutata alla stregua di un prodotto finanziario –
dequalifica come superate opere concepite e realizzate in maniera unica dalla mano di un sapiente artista.
Oggi è opera d’arte ciò che vale e non ciò che è. Su tutto poi aleggia l’iconizzazione di un oggetto o di una forma paradossale, che si contrappone all’iconoclastia della rappresentazione umana e del sacro, disprezzato come valore superato e antitetico alla libertà del pensiero.
Su questa tematica premonitorio è stato il famoso film di Alberto Sordi “Vacanze intelligenti” che a tutt’oggi rappresenta il paradosso dell’esaltazione dei canoni del non senso dell’arte contemporanea e del becero snobismo di falsi artisti e critici.
E purtroppo… è cosi.
Questo magma informe contamina ogni espressione del vivere umano ed è esaltato da mass media e critici compiacenti, infiltrandosi nelle istituzioni e nella cultura di massa manipolata dal sistema imperante, che fuorvia il senso critico del comune pensiero finché non è più in grado di distinguere il brutto dal bello, il vero o il fittizio, il bene dal male.
A questo punto, nel tentativo disperato di riportare consensi e diffusione mediatica anche settori che per natura sono votati al trascendente si abbandonano a trasgressioni provocatorie adeguandosi al sistema.
È il caso del linguaggio artistico proposto dal padiglione del Vaticano presso la Biennale di Venezia.
L’iniziativa, che parte da nobili intenti all’interno di una struttura carceraria, utilizza tuttavia un linguaggio di matrice concettuale adeguandosi ad un percorso che allontana l’uomo dalla sacralità di cui la Chiesa è tutrice.
Non si tratta n questo caso di difendere lo stereotipo devozionale considerando la leziosità di certe forme espressive adottate dal mondo religioso e mutuate dall’arte sdolcinata dei santini ottocenteschi francesi di ispirazione “sansulpiciana” (la strada di San Sulpice a Parigi dove c’erano gli stampatori di santini ed immagini sacre), ma di trovare, più concretamente, un percorso che sia idoneo ad esprimere i valori del sacro, del creato della bellezza interiore, dell’amore, concetti di fatto completamente assenti in quanto esposto.
Eppure modernità non significa originalità immersa nella banalità e provocazione a tutti i costi, o peggio annullamento di canoni estetici ma più semplicemente attualizzazione di elementi o archetipi, tipica espressione dell’essere umano in chiave contemporanea, filtrati con nuove esperienze e sperimentazioni.
Non è questo il percorso che una istituzione religiosa deve intraprendere, lasciamo l’arte concettuale al mondo decadente e snob gestito dalla finanza, e riportiamo l’Arte alla ricerca del sublime e della trascendenza.
I portali dell’infinito si stanno chiudendo e l’apocalisse dell’Arte sta portando la rappresentazione umana al capolinea.
“L’idea della decadenza dell’Occidente fa parte del suo linguaggio culturale. L’Occidente si è sempre trovato a immaginare la sua morte.”
Jean Baudrillard
Ma quale è il motivo di questa deriva artistica e quale la finalità si propone?
Ecco, l’illuminazione è arrivata proprio guardando l’Eurofestival di quest’anno, evento che dovrebbe costituire la rappresentazione massima dell’espressione musicale europea (la musa Euterpe inorridirebbe).
Lungi dal censurare gli interpreti e i movimenti Queer, LGBT e Fluidil cui messaggio di invocazione al diritto di vivere una vita libera senza condizionamenti è assolutamente apprezzabile ed intangibile, ciò che colpisce è il linguaggio artistico ed il prodotto musicale ed estetico basato proprio sui concetti che informano la contemporaneità del linguaggio artistico.
Questo evento è il trionfo del trash, del satanico, dell’orrifico, del non senso dell’espressione musicale, del distonico, dell’assenza dell’amore, della provocazione, dell’indecenza dei modi e della sessualità fine a se stessa.
Ma ciò che mi ha impressionato è stato un particolare: il vincitore, un bravissimo cantante svizzero, espressione del movimento fluid, che ha lanciato con la sua canzone anche un messaggio di inclusione importante e meritorio, viene incoronato da una corona di spine nera precedentemente indossata nel corso di una performance di stampo palesemente satanico, mentre si accinge a ricevere gli onori della vittoria, inconsapevole del significato occulto ed esoterico.
Questo rito è consumato da parte della cantante irlandese che si professa strega, come se fosse un antico rito esoterico e dionisiaco. Il fanciullo, una sorta di ganimede contemporaneo, porta su di se un segno tipico del disprezzo del sacrificio di Cristo dinanzi a milioni di persone e a spettatori esaltati dal trionfo della morte spirituale.
L’efebo vincitore (animato da ingenui intenti ed inconsapevole strumento del messaggio simbolico) incoronato da una musa inquietante e satanica, conclude una kermesse dell’osceno e del non senso davanti ad una massa di popolo acclamante ed ignorante. E allora quel senso di vuoto si materializza in un fattore concettuale di disagio e di sgomento.
Si badi bene, la critica non è agli interpreti, che hanno il diritto (e anche l’impegno etico-sociale) di affermare la propria esistenza, ma al linguaggio artistico adoperato in linea con il discorso della decadenza artistica.
Non sarà mai che dietro tutta questa decadenza c’è una visione teoretica che ha la finalità programmata di eliminare la distinzione fra bene e male, utilizzando a tale scopo l’inganno e il vil denaro?
Forse è questa l’Apocalisse dello Spirito, l’eclissi dell’Arte che si dissolve proprio nell’idea del vuoto esistenziale, con la demolizione di mille anni di
evoluzione umana attraverso la storia dell’Arte stessa.
Sator