La parola “tecnica” ci fa immediatamente pensare al mondo della meccanica, dell’elettronica, delle ricerche sulla biologia e le nanostrutture, mondo nel quale ci sembra di riconoscere i segni più evidenti dell’evoluzione della nostra condizione umana, del “progresso”, insomma di quello che ci cambia materialmente la vita quotidiana.
Eppure vi sono scoperte tecniche, che essendo in un ambito più umanista e per questo apparentemente più riservato a pochi, cambiano profondamente una situazione immutata per lunghissimo tempo. E hanno per questo una importanza fondamentale, in alcuni casi.
Come questa ad esempio che rivoluziona la tecnica esecutiva dell’Affresco, raccontata direttamente dalle parole del suo scopritore, il Maestro Mario Donizetti, pittore e saggista, che nella sua carriera professionale ne ha fatte altre ugualmente importanti, applicandole alla sua produzione artistica e descrivendole nei suoi saggi.
La fase storica per cui l’arte italiana è maggiormente conosciuta ed ammirata nel mondo, il Rinascimento, lega la sua immagine alle conquiste estetiche non solo della pittura su tavola e della scultura, ma anche e forse più ai grandi cicli di affresco, di tema religioso o profano, che hanno impreziosito in modo inimitabile gli interni ed a volte anche le facciate di edifici dalle proporzioni magnificienti.
Veramente il più virile, più sicuro, più resoluto e durabile di tutti gli altri modi [di dipingere], e quello che, nello stare fatto, di continuo acquista di bellezza e di unione più degl’altri infinitamente.
Giorgio Vasari
Nella storia dell’Arte Italiana l’affresco ha un posto di rilievo, non solo per un fatto tecnico, per la difficoltà materiale della sua esecuzione, obbligatoriamente su ponteggi di cantiere, ma perché a questa forma d’Arte è affidata la connotazione spaziale, architettonica, simbolica degli spazi.
Ecco perché una scoperta così radicale come quella di Mario Donizetti ha una importanza decisiva soprattutto in prospettiva futura, dato che permetterebbe di rendere più agevole e persino più ampiamente espressiva una forma d’Arte che, se da una parte garantiva lunga durata, dall’altra per le costrizioni di tempo non permetteva le morbidezze e le velature della pittura da cavalletto.
Il grande, rivoluzionario passo avanti di questa nuova formulazione della malta di intonachino infatti è che amplierebbe l’intervallo in cui si produce la cosiddetta carbonatazione del colore pittorico, processo chimico che lo fissa e rende simile a pietra, da un solo giorno – la cosiddetta giornata, che gli artisti affrescatori ben conoscono – a virtualmente molti anni dopo la prima stesura, permettendo quindi di ritornare più volte sull’opera senza limitazioni temporali e raggiungendo possibilità espressive finora precluse.
Ma lasciamo che sia il Maestro a parlarci della sua scoperta, in questa bella intervista registrata tempo fa nella sua casa studio di Bergamo Alta: le prove da lui finora effettuate su pannelli preparati con la malta di sua formulazione promettono di consentire agli artisti che vorranno cimentarsi con questa storica tecnica risultati potenzialmente più espressivi e liberi di quelli finora raggiunti dagli antichi.
Buona visione!