Già nei primi anni del 900, Pavel Florenskij ci offriva una completa analisi del modo di rappresentare sul piano bidimensionale i soggetti osservati del mondo circostante.
L’autore con grande acutezza mentale asserisce che la visione non la si può limitare allo spazio geometrico dello schema euclideo, ridotto ad una inquadratura compresa in un angolo ottico tra 30° e 60° così come codificato dai teorici della prospettiva lineare; non si può favorire il senso visivo monoculare a discapito della visione binoculare.
Infatti, nel sistema visivo Rinascimentale l’occhio che guarda non è l’organo di un essere vivente che vive e svolge un’attività nel mondo, ma si comporta come la lente di vetro di una camera oscura.
In queste circostanze tutto il mondo viene immaginato come completamente immobile e del tutto immutabile. Situazione anchilosata, sommersa in un sonno eterno: sempre lo stesso punto di vista pietrificato nella sua congelata immobilità.
Inoltre questo pensiero visivo esclude i processi psicologici dell’atto della vita. Un sistema rappresentativo che non dà spazio alla memoria, né tanto meno alla ricerca di una dimensione spirituale.
Sostanzialmente è un processo esteriormente meccanico, nella peggiore delle ipotesi fisico-chimico, ma non è affatto ciò che viene chiamata “visione”.
Tutto il momento psichico della visione e anche quello fisiologico sono decisamente assenti.
Dobbiamo prendere atto che in queste condizioni la percezione è simile alla macchina fotografica che riproduce all’istante una certa correlazione col mondo circostante. Non è difficile riconoscere in questa esperienza la personificazione del pensiero passivo e votato a ogni sorta di passività, persona incapace di abbracciare il movimento naturale della vita.
L’osservatore che non porta al mondo nulla di sé non può nemmeno sintetizzare le diverse qualità della natura né tanto meno i diversi elementi o sostanze che osserva.
La mente del Rinascimento non era una mente pellegrina, ma una mente cittadina sedentaria, come quella degli antichi.
George Santayana
Egli, non vivendo un vivo contatto con il mondo, non riesce a riconoscere la sua vera realtà. In sostanza, l’impegno di chi opera in chiave rinascimentale è di inclinazione estetizzante e materialista, perché procede secondo il principio del meonismo e con una visione dello spazio di tipo euclideo che corrisponde a quello fisico-materiale.
Con Pavel Florenskij non c’è il principio euclideo-kantiano dello spazio, schema che si riduce nei limiti della pittura alla prospettiva lineare. L’autore si sposta su una rappresentazione con vari punti di vista, arricchendo così la propria osservazione di nuovi aspetti della realtà. Inoltre, invita a riqualificare la propria natura con l’intenzione di migliorare il proprio essere.
In definitiva le due proposte culturali divergono perché i risultati nella sostanza non hanno niente in comune. Infatti, la prima proposta quella di tipo rinascimentale manipola la materia con la finalità di produrre illusioni e vorticosamente produrre dei beni di consumo che possono soddisfare i nostri desideri.
La seconda, invece, di natura introspettiva, naviga nel profondo del nostro io con l’intenzione di migliorare la nostra qualità psicologica. Il pensiero di Florenski è affine all’intento della nostra rivista perché tende a costruire dei prodotti significanti tali da conferire alle opere un segno di sacralità.