Si definisce arte concettuale qualunque espressione artistica in cui i concetti e le idee espresse siano più importanti del risultato estetico e percettivo dell’opera stessa.
Il movimento artistico che porta questo nome si è sviluppato dagli Stati Uniti d’America a partire dalla seconda metà degli anni sessanta e si è sviluppato in quasi tutto il mondo (Italia compresa).
Come a dire: basta accontentare tutti, ad ognuno la propria luna.
L’arte concettuale non ha visto ancora il tramonto è come la pizza 007 che ogni pizzeria non riesce a togliere dalla lista delle pizze, anche se non c’è un modo unico di condirla, basta il titolo.
L’arte da tempo è diventata il “però tu non ci hai pensato per primo”.
Pensarci prima era diventato un fatto importante, come l’uovo di Colombo. Allora bastava una “pensata” e venivi accolto nell’Olimpo dell’arte. Il ritornello era: Taglia una tela, rovescia un orinatoio, sventra una tela e ricucila, metti alcune assi di una cassetta di legno e buttaci sopra gesso o cemento, esponi uno scolabottiglie, prendi un libro e cancella le parole , sventra una mucca ed appendila, strappa i manifesti ed incorniciali, butta il colore appeso ad un recipiente e fallo oscillare (il famoso pendolismo Galileiano) su di un supporto e portalo al museo.
Aggiungo che, grazie a questo input del “pensarci prima di tutti”, dell’arte si sono impossessati tutti quelli che non hanno studiato nulla e che magari, da medici e/o da tappezzieri, si sono improvvisati artisti, bruciando plastica e rattoppando sacchi di juta e favolose gittate di cemento sui ricordi di un popolo martoriato ed annientato dal terremotato.
Arte morta su cemento morto per seppellire anche gli ultimi ricordi. “Cogito ergo sum”. Tutto questo è svilito, superato. Resistono solo gli investitori che su questo pensiero hanno speculato, magari non godendo della vista di questi presunti capolavori, ma lasciandoli chiusi nei caveau delle banche.
L’aspetto e gli interessi di questo mondo non hanno subito nessuna crisi, al contrario, questo mondo naviga a gonfie vele. Su tutto questo si è scatenato un retroterra culturale snob. Allora gli snob approfittano per compattare merda in un prestigioso padiglione della biennale di Venezia (Ai visitatori veniva offerto un deodorante per mitigare la puzza. Le cronache raccontano di tanti visitatori svenuti ed il relativo soccorso di medici ed ambulanze).
Mi chiedo: chi è quel collezionista esperto che non si fa compattare un metro cubo di cacca umana e lo espone per gli amici nel suo salotto? Credete veramente che questo, aldilà della mostra, possa avvenire? Tutta scena. Tutte trovate. Tutto tranne che vera arte. Poi ci sono quelli che vogliono imitare gli snob, tipo certi assessori della cultura sparsi per il territorio. Ed allora perché non invitare un’artista donna internazionale che proviene dalla Spagna e urina stando in piedi? Tanto sono soldi pubblici.
Gli artisti non hanno perso il linguaggio, come molti pensano, ma è la gente che finalmente ha capito che la merda è merda anche se d’artista e non abbocca più a questo sistema strampalato ed assurdo. Per fortuna permangono le file nei musei per ammirare i capolavori del passato. Credete sia gente che vive nel passato? Per essere un pittore, come in tutte le discipline, bisogna studiare, impegnarsi, sudare, vivere per e con l’arte. Pensare sì, ma fare coincidere il pensiero ed il lavoro.
Solo così rinasceranno belle opere d’ammirare.
Rodolfo La Torre